Dottorandi XXXVI ciclo

Flavio Valerio Alessi

Titolo tesi: Il contagio dell’incertezza. Il discorso degli esperti e la costruzione del paesaggio pandemico

Abstract: Il progetto indaga il rapporto tra la condizione di incertezza epistemico-gestionale in ambito medico-scientifico e politico-sanitario, e la comunicazione televisiva delle esperte e degli esperti scientifici durante l’emergenza Covid-19 in Italia. Attraverso un approccio interdisciplinare, che tiene unite le epistemologie della semiotica, della filosofia della scienza, della sociologia della scienza e dell’analisi conversazionale, la ricerca esamina le modalità tramite cui la comunità scientifica ha fatto fronte alla crisi pandemica, ponendole in rapporto alle strategie e forme comunicative messe in atto dagli esperti per fornire pareri, spiegazioni e previsioni sull’emergenza.

Attingendo alle teorie e metodologie delle varie epistemologie impiegate, vengono prese in esame le logiche di funzionamento dei due domini su cui la ricerca presta attenzione, quelli della scienza e della tv generalista, analizzando poi le modalità relazionali tramite cui questi hanno agito e retro-agito l’uno sull’altro nel corso dell’emergenza.

Pertanto, da un lato vengono esaminate a livello strutturale le pratiche che permettono la gestione del sapere scientifico, anzitutto il peer reviewing, parallelamente indagando i criteri teorici e metodologici di discipline che hanno avuto un ruolo centrale nel corso dell’emergenza, come l’epidemiologia e la salute pubblica, e che hanno permesso la formulazione di spiegazioni, previsioni e strategie di intervento politico-sanitario, esaminandone il funzionamento durante l’emergenza pandemica.

Dall’altro, la ricerca presta attenzione ai regimi discorsivi e ai generi che caratterizzano la tv generalista, in particolar modo il talk show di informazione, in cui hanno preso forma gli interventi delle esperte e degli esperti nelle interazioni e nei dialoghi con conduttori e conduttrici televisive. Vengono esaminate le modalità attraverso cui gli esperti si sono fatti carico della condizione di incertezza epistemico-gestionale, e il ruolo che hanno avuto questi linguaggi e queste interazioni per l’articolazione dei loro discorsi.

Rosa Caiazzo

Titolo tesi: Studi sulla tradizione medica nell’antica Lucania tirrenica dall'epoca arcaica a quella medievale (VI sec. a.C. - IX sec. d.C.)

Abstract: La ricerca si propone di rintracciare la storia delle tradizioni mediche del territorio della Lucania antica. Le città di Velia, Paestum, Salerno e le zone circostanti sono infatti citate spesso nelle fonti come luoghi di cura.

Le prove dell'importanza delle attività mediche locali si possono individuare in testimonianze di diverso tipo e di varie epoche. Un esempio è il ritrovamento di fine anni '60 a Velia del busto di Parmenide raffigurato come Ouliades, insieme a quello di tre medici di nome Oulis, appellativi da collegare ad Apollo Oulios, “Risanatore”. La scoperta ha aperto il dibattito sull'esistenza di una scuola medica velina gestita da figure sacerdotali devote ad Apollo-medico. Gli scavi sul territorio di Paestum hanno invece restituito un cippo (VI sec. a.C.) dedicato a Chirone, figura mitologica connessa all'arte medica. La città è nota anche per le sue rose, da cui si ricavavano essenze e oli utilizzati sia medicina che in cosmetica. Le rose di Paestum sono citate da Virgilio, Marziale, Columella, nonché da diversi autori di epoca tarda. Un monaco di IX sec d. C., Walahfrido Strabone, accenna all'ars pestana, che si può interpretare come tecnica di coltivazione di piante medicinali. 

Gli esempi di tradizioni mediche diffuse nel territorio non si esauriscono con le attestazioni su Velia e Paestum: un'iscrizione proveniente dal Vallo di Diano ricorda Menecrate, un medico oinodotes, esperto di cure a base di vino; Galeno (II sec. d.C.) descrive le proprietà medicinali del latte prodotto intorno a Stabia, in un'area che tuttora conserva la denominazione di “Monti Lattari” e che è nota anche a Simmaco (IV sec. d.C.) e Cassiodoro (VI sec. d.C.). L'impressione che si ricava dal confronto delle testimonianze è che l'intero territorio abbia conservato nel tempo una vocazione terapeutica; l'indagine mira a seguire le tracce di questa tradizione per verificarne l'evoluzione nei secoli

Sara Dameno

Project: The Role of Emotions in Husserl’s Phenomenology

 Abstract: Nel mio progetto approfondisco un aspetto ancora troppo poco conosciuto del pensiero husserliano: la sua fenomenologia delle emozioni. Secondo un pregiudizio diffuso, Husserl non avrebbe mai prestato particolare attenzione al tema. In più, la maggior parte degli studi già presenti, hanno studiato la sua filosofia delle emozioni da una prospettiva prettamente etica. Nel mio progetto, al contrario, dimostro, in primo luogo, che lo studio della coscienza emotiva era un tema caro a Husserl; in secondo luogo, che le emozioni, pur rimanendo la condizione necessaria per l’etica, giocano un ruolo cruciale nell'esperienza soggettiva anche da una prospettiva psicologica e moralmente neutra.

Partendo dalle copiose analisi raccolte nelle Studien Zur Struktur des Bewusstseins, definite da Husserl studi di psicologia fenomenologica, ho cercato di ricostruire le tesi portanti della sua fenomenologia delle emozioni. Tale lavoro è messo in relazione non solo alla filosofia di Husserl in generale, ma anche contestualizzato nei problemi di filosofia delle emozioni contemporanei. La ricchezza di tali ricerche, infatti, ha permesso di tracciare il profilo di un modello di esperienza emotiva sofisticato e audace. Il mio lavoro si concentra innanzitutto sulla struttura intenzionale delle emozioni, che risultano, fin dal principio, intenzionalità complesse. Nella fenomenologia delle emozioni husserliana possiamo ritrovare temi quali l'idea di uno studio delle emozioni svolto comparativamente con gli atti della percezione; l'intuizione che la dimensione incarnata della nostra esperienza emotiva funga da base per i diversi gradi di costituzione del valore, da quelli propriamente empirici fino ad arrivare ai valori assoluti o astratti. L’intenzionalità emotiva è dunque solo il punto di partenza per orientarsi in una costellazione di fenomeni che affondano le loro radici nella dimensione passiva dei sentimenti di sensazione come il dolore o il piacere fino a raggiungere la libera scelta del soggetto personale nella sua vita etica rispetto a un valore ideale.

Gabriele Giampieri

Titolo tesi: CAREGIVING E RELAZIONE TRA ORGANISMO E AMBIENTE. Impatti dell’attunement durante l’infanzia sulla formazione cross-culturale del concetto di individuo e sui processi d’individuazione del sé

 Abstract: La tesi indaga la dimensione intersoggettiva dello sviluppo del Sé nella prima infanzia e il rapporto organismo-ambiente interrogando e connettendo i contemporanei risultati delle teorie della psicologia dello sviluppo, le teorie enattiviste, semiotica cognitiva e l’antropologia.

Attraverso una inclinazione inter-culturale della ricerca si analizza come le diverse modalità di attunement tra caregiver e infante rilevate dalla ricerca della socializzazione linguistica in differenti sistemi culturali possano determinare a loro volta differenti modalità di sviluppo del concetto di individuo il quale, lungi dal corrispondere necessariamente al perimetro dell’organismo biologico e all’agentività transitiva, può manifestare pattern più complessi ed ergativi con l’ambiente esterno.

Lo spazio in cui è inserito l’infante, l’uso o meno di accomodamenti da parte dei caregiver, i modelli relazionali (diadici o a più persone), l’attenzione alle vocalizzazioni del bambino e alla sua interpretazione, l’inclusione o meno nelle attività quotidiane e in generale il grado di interpretazione dell’infante come soggetto della comunicazione sono organizzate socialmente e culturalmente influenzando direttamente lo sviluppo del Sé.

Le pratiche partecipative nell’infanzia – regolate da aspettative e credenze dei caregiver – tendono a confermare le determinanti conseguenze delle “modalità del dare del Tu” sullo sviluppo del Sé (second-person approach) e – di conseguenza – sul formarsi delle nostre potenzialità enunciative, le nostre logiche interpretative e sull’accoppiamento strutturale tra organismo e ambiente.

Proprio su quest’ultimo rapporto verte la proposta finale della tesi nella quale si dimostrerà come il concetto di individuo sia alla base dell’instaurazione della soglia "culturale" tra organismo e ambiente portando nuove riflessioni al nucleo centrale delle teorie enattiviste attraverso l’apporto delle ricerche antropologiche afferenti alla cosiddetta svolta ontologica e della neurobiologia interpersonale.

Si evidenzieranno infine come tali risultati possano influire sulla teoria generale delle modalità di esistenza in semiotica.

John James Sykes

Spaces of Meaning: An Enactive Account of Bodily Space

 Abstract: Mentre il campo interdisciplinare noto come Enactive Cognitive Science (ECS) è diventato sempre più prevalente negli ultimi anni, il tema della spazialità è stato notevolmente assente negli studi pertinenti. Questa assenza è particolarmente sconcertante se si considera quanto spazialità sia profondamente interconnessa con i temi piu rilevanti dell’ ECS, come l’incarnazione, l’interazione e la temporalità. Partendo dall’intento di colmare questa lacuna nella letteratura attuale, il mio progetto combina le risorse delle neuroscienze cognitive, della fenomenologia e della semiotica per mostrare la coscienza spaziale da un punto di vista enattivo. Innanzitutto, sviluppo un resoconto teorico dello spazio vissuto utilizzando la letteratura fenomenologica e semiotica soprattutto quello di Heidegger, Merleau-Ponty, von Uexkull and Peirce. Utilizzando questo resoconto teorico come base, interpreto una serie di studi empirici attraverso questa lente, dividendo gli studi in quelli che indagano le interazioni spaziali sia con gli Oggetti che con gli Altri. Ciò culmina in un modello interdisciplinare di spazio corporeo, in cui propongo che gli esseri umani considerino il loro ambiente spaziale non come una forma geometrica o un volume vuoto, ma come un luogo di significato.

Elettra Villani

Titolo tesi: Adorno e l’estetico. Genesi e sviluppo di un problema teoretico

Abstract: Centro dell’analisi di questo progetto dottorale è la teoria estetica di Theodor W. Adorno, concepita tuttavia in un suo articolarsi ben oltre l’omonimo capolavoro postumo, comprendendo di fatto tutta quella riflessione adorniana che contribuisce in modo pregnante al farsi estetico della teoria stessa. Nella storia della sua ricezione, tuttavia, una tradizione interpretativa si è dimostrata più radicata di altre, ossia quella che vede Adorno principalmente – se non esclusivamente – come instancabile critico della società e apologeta dell’arte autonoma. All’unilateralità di una tale prospettiva si è soliti ricondurre anche l’interezza densa del suo capolavoro postumo. A ben vedere, la parzialità interpretativa che ne consegue riposa sull’accettazione pressoché dogmatica di un’equivalenza tra ciò che è artistico e ciò che è estetico. Adeguato in un contesto idealistico, un simile assunto necessita invece, nel caso di Adorno, una revisione critica. Sin dal suo Kierkegaard, infatti, è possibile individuare le tracce di una concezione costellativa dell’estetico, di cui l’artistico rappresenta un momento essenziale, senza tuttavia esaurirla.

Obiettivo ultimo della ricerca è, pertanto, mostrare come l’estetico assuma una dimensione teoretica che non trova alcuna tematizzazione testualmente esplicita, ma che, al contrario, si rintraccia nel modo in cui una teoria estetica opera. Di conseguenza, l’estetico non si tradurrebbe affatto in un irrazionale rifiuto del medium concettuale, quanto piuttosto in una sua modalità d’applicazione che differisce significativamente da quella della teoria tradizionale. Estetica è precipuamente quella logica, altra dalla logica totalizzante, che affonda le proprie radici in quel terreno esperienziale e materiale che sfugge costitutivamente al concetto, pur alimentandolo. Riconoscere una valenza teoreticamente performativa dell’estetico significa, allora, saper cogliere nel tematismo di Teoria estetica quel tessuto denso di mediazioni tanto logicamente stringente, quanto refrattario a ogni identificazione assoluta e dunque sempre aperto al possibile e al non-identico.